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MORGIONI RAFFAELE
Via Abbadini n. 3 a
63012 CUPRA MARITTIMA (AP)
339/5856768
raffaele.morgioni@email.it

———————————————-

Raffaele Morgioni nasce a Milano nel 1966. Esercita attualmente la professione di odontoiatra.
Da sempre attratto dal mondo dell’arte e grazie all’influenza di amici pittori, trova la sua espressione artistica iniziando a dipingere nel 2003. Da quel momento la passione lo porta a sperimentare la pittura ad olio. Il suo è un percorso di ricerca. Nell’esprimere la sua arte passa attraverso l’uso del pennello, sia in modalità classica che in maniera gestuale, usa spatole ma anche strumenti inusuali e di fortuna. Di ultima ma parallela produzione sono le pitto-sculture retroilluminate dove la luce, visibile attraverso i tagli inferti alla tela, si diffonde invitando il fruitore dell’opera a sbirciare al di là di essa. Ha partecipato a numerose iniziative artistiche, fra cui concorsi d’arte e rassegne sia in Italia che all’estero ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Nell’ottobre 2011 si lega ufficialmente al Gruppo Post-spazialista capitanato dal Maestro Umberto Esposti partecipando attivamente a manifestazioni ed esposizioni collettive del Gruppo.
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L’ESPRESSIONE GENERATIVA

NELLE OPERE DI RAFFAELE MORGIONI

                                                                         di Simone Fappanni
Un’intonazione schiettamente meta-rappresentativa ammanta sottilmente l’arte di Raffaele Morgioni, giovane creativo che in seno alla “factory” del Gruppo Post-spazialista sta conducendo una ricerca sperimentale veramente degna della massima attenzione.

Lontano dalle mode passeggere di certe criptiche forme di estremizzazione concettuali, l’artista cerca dentro se stesso le ragioni più vere di un dipingere che spesso esonda piacevolmente nella creazione pura, facendosi essenza tonale.

Già dalle prime prove si nota in Morgioni una forza comunicativa sorprendente, capace di una compiutezza disarmante.

Ci riferiamo, in particolare, a quei lavori in cui il dato realista risulta ancora presente in modo alquanto evidente.

Essi sono pervasi da una certa melodia romantica che si concretizza in partiture sillabiche mai scontate, talvolta pervase da un senso di radicale solitudine, come nel caso di alberi sensitivi che in modo tentacolare si sviluppano a raggiera lungo tutta la tela e, in modo ideale, anche oltre. 

Identica sensazione si ha osservando le marine, ove il silenzio e la quiete sembrano dominare il quadro in modo veramente avvolgente.

L’aspetto coloristico pare avere preso, successivamente, il sopravvento, palesandosi in un’articolazione volumetrica che si spande sofficemente nello spazio, occupandolo discretamente, senza sovrastarlo.

Ciò risulta, a una disamina più approfondita, il vero e proprio preludio a una poetica creativa maggiormente libera da vincoli formali, andandosi a configurare secondo tracciati pigmentali setosi, nei quali si ravvisa un andamento gestuale permeato da esplosioni alchemiche di luci che realizzano, complessivamente, una sorta di contenuta astrazione, mediante la quale l’artista conduce l’osservazione verso un piano riflessivo che si avvale di un’ondulazione e di un sommovimento che scivola dolcemente in una dimensione rarefattamente onirica.

Lo si nota, in modo particolare, quando Morgioni si accosta, con bella apertura immaginativa, alla rappresentazione degli elementi naturali di empedoclidea memoria cercando i nessi quella “commistione generativa” di cui già parlavano gli antichi pensatori greci. Scriveva il filosofo agrigentino: «noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, il fuoco con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio con l’odio».

Un iter così impostato non poteva non estendersi verso due altri matrici, quella spazialista, con sfere dalle tinte cangianti che paiono sospese nello spazio in un eterno presente, e quella naturalistico-identificativa.

Su quest’ultimo aspetto della produzione di Raffaele vale davvero la pena soffermarsi, data la singolarità impaginativa.

In queste opere, infatti, l’artista pone il fruitore dei suoi lavori in un singolare angolo prospettico: quello della visione dall’alto verso il basso. Ne deriva una sensazione d’immersione totale nel dipinto, specie laddove lo sguardo si scosta dagli elementi geometrici del neo-paesaggio, ottenuto mediante l’intersezione di linee e piani, verso elementi che paiono ricordare gli ammassi di fieno dopo la mietitura, accanto a zone più verdi, intonse, o lasciate tali volutamente.

Ed è proprio in questa dimensione auto-appropriativa dell’esistente che si gioca la specificità di quest’arte, fatta di tanti canali, modi di esprimersi, interazioni, ma animata soprattutto da un incessante desiderio di comunicare, mediante l’opera d’arte, sensazioni ed emozioni profondissime che si ritrovano anche nei recentissimi lavori retro-illuminati. Si tratta di una sorta di vere e proprie pitto-sculture che moltiplicano la visione dello spazio, fisico e mentale, che vi viene offerto.

D’altra parte Guy de Maupassant ha giustamente detto – a ragione – che «un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà».

Dott. Simone Fappanni ( fasimo71@libero.it)
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FOTO OPERE


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MORGIONI RAFFAELE
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raffaele.morgioni@email.it

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Raffaele Morgioni nasce a Milano nel 1966. Esercita attualmente la professione di odontoiatra.
Da sempre attratto dal mondo dell’arte e grazie all’influenza di amici pittori, trova la sua espressione artistica iniziando a dipingere nel 2003. Da quel momento la passione lo porta a sperimentare la pittura ad olio. Il suo è un percorso di ricerca. Nell’esprimere la sua arte passa attraverso l’uso del pennello, sia in modalità classica che in maniera gestuale, usa spatole ma anche strumenti inusuali e di fortuna. Di ultima ma parallela produzione sono le pitto-sculture retroilluminate dove la luce, visibile attraverso i tagli inferti alla tela, si diffonde invitando il fruitore dell’opera a sbirciare al di là di essa. Ha partecipato a numerose iniziative artistiche, fra cui concorsi d’arte e rassegne sia in Italia che all’estero ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Nell’ottobre 2011 si lega ufficialmente al Gruppo Post-spazialista capitanato dal Maestro Umberto Esposti partecipando attivamente a manifestazioni ed esposizioni collettive del Gruppo.
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L’ESPRESSIONE GENERATIVA

NELLE OPERE DI RAFFAELE MORGIONI

                                                                         di Simone Fappanni
Un’intonazione schiettamente meta-rappresentativa ammanta sottilmente l’arte di Raffaele Morgioni, giovane creativo che in seno alla “factory” del Gruppo Post-spazialista sta conducendo una ricerca sperimentale veramente degna della massima attenzione.

Lontano dalle mode passeggere di certe criptiche forme di estremizzazione concettuali, l’artista cerca dentro se stesso le ragioni più vere di un dipingere che spesso esonda piacevolmente nella creazione pura, facendosi essenza tonale.

Già dalle prime prove si nota in Morgioni una forza comunicativa sorprendente, capace di una compiutezza disarmante.

Ci riferiamo, in particolare, a quei lavori in cui il dato realista risulta ancora presente in modo alquanto evidente.

Essi sono pervasi da una certa melodia romantica che si concretizza in partiture sillabiche mai scontate, talvolta pervase da un senso di radicale solitudine, come nel caso di alberi sensitivi che in modo tentacolare si sviluppano a raggiera lungo tutta la tela e, in modo ideale, anche oltre. 

Identica sensazione si ha osservando le marine, ove il silenzio e la quiete sembrano dominare il quadro in modo veramente avvolgente.

L’aspetto coloristico pare avere preso, successivamente, il sopravvento, palesandosi in un’articolazione volumetrica che si spande sofficemente nello spazio, occupandolo discretamente, senza sovrastarlo.

Ciò risulta, a una disamina più approfondita, il vero e proprio preludio a una poetica creativa maggiormente libera da vincoli formali, andandosi a configurare secondo tracciati pigmentali setosi, nei quali si ravvisa un andamento gestuale permeato da esplosioni alchemiche di luci che realizzano, complessivamente, una sorta di contenuta astrazione, mediante la quale l’artista conduce l’osservazione verso un piano riflessivo che si avvale di un’ondulazione e di un sommovimento che scivola dolcemente in una dimensione rarefattamente onirica.

Lo si nota, in modo particolare, quando Morgioni si accosta, con bella apertura immaginativa, alla rappresentazione degli elementi naturali di empedoclidea memoria cercando i nessi quella “commistione generativa” di cui già parlavano gli antichi pensatori greci. Scriveva il filosofo agrigentino: «noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, il fuoco con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio con l’odio».

Un iter così impostato non poteva non estendersi verso due altri matrici, quella spazialista, con sfere dalle tinte cangianti che paiono sospese nello spazio in un eterno presente, e quella naturalistico-identificativa.

Su quest’ultimo aspetto della produzione di Raffaele vale davvero la pena soffermarsi, data la singolarità impaginativa.

In queste opere, infatti, l’artista pone il fruitore dei suoi lavori in un singolare angolo prospettico: quello della visione dall’alto verso il basso. Ne deriva una sensazione d’immersione totale nel dipinto, specie laddove lo sguardo si scosta dagli elementi geometrici del neo-paesaggio, ottenuto mediante l’intersezione di linee e piani, verso elementi che paiono ricordare gli ammassi di fieno dopo la mietitura, accanto a zone più verdi, intonse, o lasciate tali volutamente.

Ed è proprio in questa dimensione auto-appropriativa dell’esistente che si gioca la specificità di quest’arte, fatta di tanti canali, modi di esprimersi, interazioni, ma animata soprattutto da un incessante desiderio di comunicare, mediante l’opera d’arte, sensazioni ed emozioni profondissime che si ritrovano anche nei recentissimi lavori retro-illuminati. Si tratta di una sorta di vere e proprie pitto-sculture che moltiplicano la visione dello spazio, fisico e mentale, che vi viene offerto.

D’altra parte Guy de Maupassant ha giustamente detto – a ragione – che «un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà».

Dott. Simone Fappanni ( fasimo71@libero.it)
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Raffaele Morgioni nasce a Milano nel 1966. Esercita attualmente la professione di odontoiatra.
Da sempre attratto dal mondo dell’arte e grazie all’influenza di amici pittori, trova la sua espressione artistica iniziando a dipingere nel 2003. Da quel momento la passione lo porta a sperimentare la pittura ad olio. Il suo è un percorso di ricerca. Nell’esprimere la sua arte passa attraverso l’uso del pennello, sia in modalità classica che in maniera gestuale, usa spatole ma anche strumenti inusuali e di fortuna. Di ultima ma parallela produzione sono le pitto-sculture retroilluminate dove la luce, visibile attraverso i tagli inferti alla tela, si diffonde invitando il fruitore dell’opera a sbirciare al di là di essa. Ha partecipato a numerose iniziative artistiche, fra cui concorsi d’arte e rassegne sia in Italia che all’estero ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Nell’ottobre 2011 si lega ufficialmente al Gruppo Post-spazialista capitanato dal Maestro Umberto Esposti partecipando attivamente a manifestazioni ed esposizioni collettive del Gruppo.
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L’ESPRESSIONE GENERATIVA

NELLE OPERE DI RAFFAELE MORGIONI

                                                                         di Simone Fappanni
Un’intonazione schiettamente meta-rappresentativa ammanta sottilmente l’arte di Raffaele Morgioni, giovane creativo che in seno alla “factory” del Gruppo Post-spazialista sta conducendo una ricerca sperimentale veramente degna della massima attenzione.

Lontano dalle mode passeggere di certe criptiche forme di estremizzazione concettuali, l’artista cerca dentro se stesso le ragioni più vere di un dipingere che spesso esonda piacevolmente nella creazione pura, facendosi essenza tonale.

Già dalle prime prove si nota in Morgioni una forza comunicativa sorprendente, capace di una compiutezza disarmante.

Ci riferiamo, in particolare, a quei lavori in cui il dato realista risulta ancora presente in modo alquanto evidente.

Essi sono pervasi da una certa melodia romantica che si concretizza in partiture sillabiche mai scontate, talvolta pervase da un senso di radicale solitudine, come nel caso di alberi sensitivi che in modo tentacolare si sviluppano a raggiera lungo tutta la tela e, in modo ideale, anche oltre. 

Identica sensazione si ha osservando le marine, ove il silenzio e la quiete sembrano dominare il quadro in modo veramente avvolgente.

L’aspetto coloristico pare avere preso, successivamente, il sopravvento, palesandosi in un’articolazione volumetrica che si spande sofficemente nello spazio, occupandolo discretamente, senza sovrastarlo.

Ciò risulta, a una disamina più approfondita, il vero e proprio preludio a una poetica creativa maggiormente libera da vincoli formali, andandosi a configurare secondo tracciati pigmentali setosi, nei quali si ravvisa un andamento gestuale permeato da esplosioni alchemiche di luci che realizzano, complessivamente, una sorta di contenuta astrazione, mediante la quale l’artista conduce l’osservazione verso un piano riflessivo che si avvale di un’ondulazione e di un sommovimento che scivola dolcemente in una dimensione rarefattamente onirica.

Lo si nota, in modo particolare, quando Morgioni si accosta, con bella apertura immaginativa, alla rappresentazione degli elementi naturali di empedoclidea memoria cercando i nessi quella “commistione generativa” di cui già parlavano gli antichi pensatori greci. Scriveva il filosofo agrigentino: «noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, il fuoco con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio con l’odio».

Un iter così impostato non poteva non estendersi verso due altri matrici, quella spazialista, con sfere dalle tinte cangianti che paiono sospese nello spazio in un eterno presente, e quella naturalistico-identificativa.

Su quest’ultimo aspetto della produzione di Raffaele vale davvero la pena soffermarsi, data la singolarità impaginativa.

In queste opere, infatti, l’artista pone il fruitore dei suoi lavori in un singolare angolo prospettico: quello della visione dall’alto verso il basso. Ne deriva una sensazione d’immersione totale nel dipinto, specie laddove lo sguardo si scosta dagli elementi geometrici del neo-paesaggio, ottenuto mediante l’intersezione di linee e piani, verso elementi che paiono ricordare gli ammassi di fieno dopo la mietitura, accanto a zone più verdi, intonse, o lasciate tali volutamente.

Ed è proprio in questa dimensione auto-appropriativa dell’esistente che si gioca la specificità di quest’arte, fatta di tanti canali, modi di esprimersi, interazioni, ma animata soprattutto da un incessante desiderio di comunicare, mediante l’opera d’arte, sensazioni ed emozioni profondissime che si ritrovano anche nei recentissimi lavori retro-illuminati. Si tratta di una sorta di vere e proprie pitto-sculture che moltiplicano la visione dello spazio, fisico e mentale, che vi viene offerto.

D’altra parte Guy de Maupassant ha giustamente detto – a ragione – che «un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà».

Dott. Simone Fappanni ( fasimo71@libero.it)
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Raffaele Morgioni nasce a Milano nel 1966. Esercita attualmente la professione di odontoiatra.
Da sempre attratto dal mondo dell’arte e grazie all’influenza di amici pittori, trova la sua espressione artistica iniziando a dipingere nel 2003. Da quel momento la passione lo porta a sperimentare la pittura ad olio. Il suo è un percorso di ricerca. Nell’esprimere la sua arte passa attraverso l’uso del pennello, sia in modalità classica che in maniera gestuale, usa spatole ma anche strumenti inusuali e di fortuna. Di ultima ma parallela produzione sono le pitto-sculture retroilluminate dove la luce, visibile attraverso i tagli inferti alla tela, si diffonde invitando il fruitore dell’opera a sbirciare al di là di essa. Ha partecipato a numerose iniziative artistiche, fra cui concorsi d’arte e rassegne sia in Italia che all’estero ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Nell’ottobre 2011 si lega ufficialmente al Gruppo Post-spazialista capitanato dal Maestro Umberto Esposti partecipando attivamente a manifestazioni ed esposizioni collettive del Gruppo.
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                                                                         di Simone Fappanni
Un’intonazione schiettamente meta-rappresentativa ammanta sottilmente l’arte di Raffaele Morgioni, giovane creativo che in seno alla “factory” del Gruppo Post-spazialista sta conducendo una ricerca sperimentale veramente degna della massima attenzione.

Lontano dalle mode passeggere di certe criptiche forme di estremizzazione concettuali, l’artista cerca dentro se stesso le ragioni più vere di un dipingere che spesso esonda piacevolmente nella creazione pura, facendosi essenza tonale.

Già dalle prime prove si nota in Morgioni una forza comunicativa sorprendente, capace di una compiutezza disarmante.

Ci riferiamo, in particolare, a quei lavori in cui il dato realista risulta ancora presente in modo alquanto evidente.

Essi sono pervasi da una certa melodia romantica che si concretizza in partiture sillabiche mai scontate, talvolta pervase da un senso di radicale solitudine, come nel caso di alberi sensitivi che in modo tentacolare si sviluppano a raggiera lungo tutta la tela e, in modo ideale, anche oltre. 

Identica sensazione si ha osservando le marine, ove il silenzio e la quiete sembrano dominare il quadro in modo veramente avvolgente.

L’aspetto coloristico pare avere preso, successivamente, il sopravvento, palesandosi in un’articolazione volumetrica che si spande sofficemente nello spazio, occupandolo discretamente, senza sovrastarlo.

Ciò risulta, a una disamina più approfondita, il vero e proprio preludio a una poetica creativa maggiormente libera da vincoli formali, andandosi a configurare secondo tracciati pigmentali setosi, nei quali si ravvisa un andamento gestuale permeato da esplosioni alchemiche di luci che realizzano, complessivamente, una sorta di contenuta astrazione, mediante la quale l’artista conduce l’osservazione verso un piano riflessivo che si avvale di un’ondulazione e di un sommovimento che scivola dolcemente in una dimensione rarefattamente onirica.

Lo si nota, in modo particolare, quando Morgioni si accosta, con bella apertura immaginativa, alla rappresentazione degli elementi naturali di empedoclidea memoria cercando i nessi quella “commistione generativa” di cui già parlavano gli antichi pensatori greci. Scriveva il filosofo agrigentino: «noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, il fuoco con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio con l’odio».

Un iter così impostato non poteva non estendersi verso due altri matrici, quella spazialista, con sfere dalle tinte cangianti che paiono sospese nello spazio in un eterno presente, e quella naturalistico-identificativa.

Su quest’ultimo aspetto della produzione di Raffaele vale davvero la pena soffermarsi, data la singolarità impaginativa.

In queste opere, infatti, l’artista pone il fruitore dei suoi lavori in un singolare angolo prospettico: quello della visione dall’alto verso il basso. Ne deriva una sensazione d’immersione totale nel dipinto, specie laddove lo sguardo si scosta dagli elementi geometrici del neo-paesaggio, ottenuto mediante l’intersezione di linee e piani, verso elementi che paiono ricordare gli ammassi di fieno dopo la mietitura, accanto a zone più verdi, intonse, o lasciate tali volutamente.

Ed è proprio in questa dimensione auto-appropriativa dell’esistente che si gioca la specificità di quest’arte, fatta di tanti canali, modi di esprimersi, interazioni, ma animata soprattutto da un incessante desiderio di comunicare, mediante l’opera d’arte, sensazioni ed emozioni profondissime che si ritrovano anche nei recentissimi lavori retro-illuminati. Si tratta di una sorta di vere e proprie pitto-sculture che moltiplicano la visione dello spazio, fisico e mentale, che vi viene offerto.

D’altra parte Guy de Maupassant ha giustamente detto – a ragione – che «un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà».

Dott. Simone Fappanni ( fasimo71@libero.it)
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                                                                         di Simone Fappanni
Un’intonazione schiettamente meta-rappresentativa ammanta sottilmente l’arte di Raffaele Morgioni, giovane creativo che in seno alla “factory” del Gruppo Post-spazialista sta conducendo una ricerca sperimentale veramente degna della massima attenzione.

Lontano dalle mode passeggere di certe criptiche forme di estremizzazione concettuali, l’artista cerca dentro se stesso le ragioni più vere di un dipingere che spesso esonda piacevolmente nella creazione pura, facendosi essenza tonale.

Già dalle prime prove si nota in Morgioni una forza comunicativa sorprendente, capace di una compiutezza disarmante.

Ci riferiamo, in particolare, a quei lavori in cui il dato realista risulta ancora presente in modo alquanto evidente.

Essi sono pervasi da una certa melodia romantica che si concretizza in partiture sillabiche mai scontate, talvolta pervase da un senso di radicale solitudine, come nel caso di alberi sensitivi che in modo tentacolare si sviluppano a raggiera lungo tutta la tela e, in modo ideale, anche oltre. 

Identica sensazione si ha osservando le marine, ove il silenzio e la quiete sembrano dominare il quadro in modo veramente avvolgente.

L’aspetto coloristico pare avere preso, successivamente, il sopravvento, palesandosi in un’articolazione volumetrica che si spande sofficemente nello spazio, occupandolo discretamente, senza sovrastarlo.

Ciò risulta, a una disamina più approfondita, il vero e proprio preludio a una poetica creativa maggiormente libera da vincoli formali, andandosi a configurare secondo tracciati pigmentali setosi, nei quali si ravvisa un andamento gestuale permeato da esplosioni alchemiche di luci che realizzano, complessivamente, una sorta di contenuta astrazione, mediante la quale l’artista conduce l’osservazione verso un piano riflessivo che si avvale di un’ondulazione e di un sommovimento che scivola dolcemente in una dimensione rarefattamente onirica.

Lo si nota, in modo particolare, quando Morgioni si accosta, con bella apertura immaginativa, alla rappresentazione degli elementi naturali di empedoclidea memoria cercando i nessi quella “commistione generativa” di cui già parlavano gli antichi pensatori greci. Scriveva il filosofo agrigentino: «noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, il fuoco con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio con l’odio».

Un iter così impostato non poteva non estendersi verso due altri matrici, quella spazialista, con sfere dalle tinte cangianti che paiono sospese nello spazio in un eterno presente, e quella naturalistico-identificativa.

Su quest’ultimo aspetto della produzione di Raffaele vale davvero la pena soffermarsi, data la singolarità impaginativa.

In queste opere, infatti, l’artista pone il fruitore dei suoi lavori in un singolare angolo prospettico: quello della visione dall’alto verso il basso. Ne deriva una sensazione d’immersione totale nel dipinto, specie laddove lo sguardo si scosta dagli elementi geometrici del neo-paesaggio, ottenuto mediante l’intersezione di linee e piani, verso elementi che paiono ricordare gli ammassi di fieno dopo la mietitura, accanto a zone più verdi, intonse, o lasciate tali volutamente.

Ed è proprio in questa dimensione auto-appropriativa dell’esistente che si gioca la specificità di quest’arte, fatta di tanti canali, modi di esprimersi, interazioni, ma animata soprattutto da un incessante desiderio di comunicare, mediante l’opera d’arte, sensazioni ed emozioni profondissime che si ritrovano anche nei recentissimi lavori retro-illuminati. Si tratta di una sorta di vere e proprie pitto-sculture che moltiplicano la visione dello spazio, fisico e mentale, che vi viene offerto.

D’altra parte Guy de Maupassant ha giustamente detto – a ragione – che «un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà».

Dott. Simone Fappanni ( fasimo71@libero.it)
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